"To die, to sleep; /To sleep: perchance to dream"
(“Morire, dormire. /Dormire: forse sognare”) (Amleto, atto III, scena I).
“Dormire, sognare … il mio hobby”.
È il giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone, non il fantasma di Amleto a pronunciare queste parole.
“È il mio hobby e mi procura un piacere non solo psicofisico, ma anche emotivo. Ed è l’unico momento in cui combacio perfettamente con me stesso: in tutti gli altri campi, invece – quando sto con una persona o mi dedico al mio lavoro – è solo una parte di me a sentirsi appagata. Nel quotidiano succede anche a me di andare a letto la sera, dormire e sognare quello che capita. Quando mi dedico al mio hobby, invece, il sonno non è provocato dalla stanchezza né il sogno legato alla casualità o all’inconscio. È un sonno cercato come nuova dimensione, e sono sogni programmati e attesi: decido di dormire tre giorni filati – e ci riesco, alzandomi solo per bere un bicchier d’acqua, mangiare una banana – e sognare quello che voglio io”.
Il meccanismo, mi spiegò Cecchi Paone nel corso di un incontro, è simile a quello di chi a un certo punto decide di andare a pescare, o va a correre. “Quelli che giocano a golf si immaginano: fra una settimana vado al campo di golf in Tunisia. Io penso: fra una settimana vado a Positano nella mia casa al mare, da solo, a dormire e a sognare. Ma le analogie non finiscono qui: come chi gioca a golf prende le scarpine giuste, le mazze adatte, i pantaloni a quadretti, anch’io presto attenzione ai dettagli”. Cioè il letto, il materasso, i cuscini, le imposte – in parole povere, tutto quello che ha a che fare con il dormire. Le lenzuola, per esempio, devono adattarsi al corpo, dare il senso di cuccia: quindi morbide, non inamidate né ruvide né di lino, mentre le imposte non devono essere ermetiche. “Io non dormo in un buio totale, mi piace che filtri un po’ di luce”. C’è sempre stato nella sua vita il tentativo di astrarsi dal mondo dormendo? “Sì. Da adolescente, era una strategia per ritagliarmi spazi fisici e mentali in totale solitudine – una sorta di ricerca di autonomia. Allora mi limitavo a dormire tutta la domenica. Poi quando ho cominciato ad avere la mia vita ho scoperto che ogni tanto, non so quando, non so perché, sento che devo fare il vuoto intorno e dormire per più giorni filati … È una specie di letargo guidato, programmato”. Telecomanda anche i sogni? “Sì. Io ho due tipi di sogni: quelli imprevisti. E quelli associati al sonno programmato, durante i quali cerco di capire quello che non mi è chiaro: mi concentro allora su un amore che non mi dà felicità, un lavoro in cui non vedo prospettive perché so che sognerò di quella situazione in termini chiarificatori. Quando poi mi sveglio e penso al sogno, lo analizzo e finalmente sciolgo il nodo”. Alessandro Cecchi Paone ha debuttato nel 1977, all’età di 16 anni, come conduttore di un Tg per ragazzi. Da allora, nel campo del giornalismo radio-televisivo ha fatto di tutto: ha collaborato con la RAI e con Mediaset, con programmi di successo come Uno mattina, Cronaca in diretta, La Macchina del Tempo, Appuntamento con la Storia. Scrive su quotidiani e riviste e ha pubblicato innumerevoli saggi e inchieste. È stato docente di Storia alla Bocconi, a Ca’ Foscari a Venezia, all’Università degli Studi di Milano Bicocca e Suor Orsola Benincasa di Napoli. Se non avesse fatto il giornalista, quale professione avrebbe voluto svolgere? “Da bambino, ero incerto fra l’esploratore, l’astronauta e il ranger – il guardiacaccia. Poi ho capito che dedicandomi al documentario e al giornalismo scientifico-culturale sarei riuscito a fare tutte queste cose insieme, a viaggiare e occuparmi di argomenti nuovi e persone diverse. Per questo, in vita mia, non ho mai avuto il bisogno di evadere, né mi sento che sto evadendo quando dormo o quando sogno”. “We are such stuff as dreams are made of and our little life is rounded in a dream.” (“Siamo della stessa materia di cui son fatti i sogni e la nostra breve vita è racchiusa in un sogno”): non è Alessandro Cecchi Paone pronunciare queste parole, ma Shakespeare per bocca di Prospero ne La Tempesta, atto IV, scena I.
Alessandro Cecchi Paone
di Giulietta Rovera